giovedì 29 novembre 2007

avvento

Quanto diventano significativi i termini Avvento (= preparazione), cammino (= strada della conversione), mèta (= Natale,salvezza,gioia).
Quanto abbiamo bisogno anche noi di fiducia, di speranza, in cammino verso quella luce che già intravediamo all’orizzonte, e che ci può portare la vera pace: il Natale.
La venuta di Cristo è preceduta dalla figura austera di Giovanni Battista, suo cugino, che con un linguaggio molto opportuno dice a ognuno di noi: “ Prepara la via del Signore, raddrizza i tuoi sentieri! Ogni burrone sia riempito, ogni monte e ogni colle sia abbassato; i passi tortuosi siano diritti; i luoghi impervi spianati.
Ogni vivente vedrà la salvezza di Dio”.
Ti posso dare un consiglio fraterno? Non rimandare, non dire “ vedremo un po’ di fare per Natale qualche cosa.. chissà.. forse.. ma tanto non cambia niente..”
Accogliamo insieme l’invito di Giovanni Battista. Non è un comando, una imposizione, ma il cammino sicuro verso la serenità e la pace. Ci pensi cosa c’è in palio? La pace ! Ci sembra tutto anacronistico, con i nostri problemi familiari, con situazioni economiche difficili, con tanti rapporti interrotti verso il nostro prossimo, anzi anche con i nostri parenti…
Ce lo dice Baruc, ce lo supplica il Battista: per Natale potrebbe arrivare un po’ di pace e di gioia nel nostro cuore e manifestarla con un sorriso e uno scambio di auguri di tranquillità, quella che avremo raggiunto nel nostro cuore. Tu forse mi dici in questo momento: “..sarebbe bellissimo, ma ci credo poco…”.
Mettiamo alla prova il Cristo per quanto ha fatto e continua a fare per noi e per la nostra salvezza.
Il mio impegno deve essere in questi giorni, di raddrizzare le vie tortuose del mio carattere, di abbassare ogni monte e ogni colle del mio orgoglio, spianare i luoghi impervi delle mie passioni, riempire il burrone di aridità, indifferenza, che troppo spesso stagnano nel mio cuore.
Se, anche con fatica, riusciremo a fare qualcosa, arriveremo al Natale, ci scambieremo gli auguri, abbracciandoci, e forse ci verrà da piangere dalla gioia che proveremo.
Il mio grande desiderio e impegno? E’ passare un Natale tutto diverso, fraternamente uniti insieme

martedì 27 novembre 2007

...mai soli

Una delle più belle cose che insegna lo scoutismo è fare tutto insieme. La competitività non è individuale, è di squadra: essere i primi sì, ma tutti insieme.
Una regola d'oro che la nostra società invece non applica.
Buona strada!

lunedì 26 novembre 2007

il vedere del viaggiatore.....

.. il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: "non c'è altro da vedere", sapeva che non era vero. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l'ombra che non c'era. Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. sempre. Perche il viaggiatore sà che non finisce mai il suo viaggio......e saluta con un ritorno subito. (Josè Saramago)

mercoledì 21 novembre 2007

accadeva un TEMPO ... ma è il SERVIZIO di oggi !


Egli allora chiamò a sé i Dodici e diede loro potere e autorità su tutti i demòni e di curare le malattie. E li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi. Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né bisaccia, né pane, né denaro, né due tuniche per ciascuno. In qualunque casa entriate, là rimanete e di là poi riprendete il cammino. Quanto a coloro che non vi accolgono, nell'uscire dalla loro città, scuotete la polvere dai vostri piedi, a testimonianza contro di essi». Allora essi partirono e giravano di villaggio in villaggio, annunziando dovunque la buona novella e operando guarigioni.

Lc. 9,1-6

Partire , andare nel mondo vuol dire innanzitutto uscire da se stessi, rompere quella crosta di egoismo che tenta di imprigionarci nel nostro come se noi soli fossimo il centro di tutto Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né bisaccia, né pane, né denaro, né due tuniche per ciascuno. Partire è non lasciarsi chiudere nei piccoli problemi ,nelle comodità ,nella monotonia dorata che non ci lascia vedere .

Partire non vuol dire solo fare strada , attraversare mari o volare verso cieli sereni . La strada da fare è quella che ci porta ad aprirci agli altri, scoprirli .Non andare per ma per dialogare , devi partire perché ti affascina il mondo dell’altro, per creare un mondo nuovo , costruire uomini e donne che siano cittadini del mondo .La forza del partire ,della missione e in una piccola parola.. E li mandò……… annunziando dovunque la buona novella.

Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda.Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri.

Non sono i proclami ,le grandi adunate , le sfilate che salveranno il mondo. Non basta andare in Chiesa e pregare Dio perché faccia finire le guerre , le carestie , le malattie.Non si può chiedere a Dio di non far morire milioni di persone di fame:

«date loro voi stessi da mangiare»

Mt.14,16

Partire vuol dire giocarsi in prima persona , senza curarsi del giudizio degli altri , uscire dal proprio guscio , dal proprio egoismo e alle volte fare violenza ai propri sentimenti. Da quando Abramo è partito dalla sua terra fidandosi solo della Parola di Dio , una carovana si è messa in moto e non si fermerà più ,fino alla fine dei tempi. Signore ho preso il mio sacco e il mio bastone e mi sono messo nella strada . Tu mi dici “Tutte le mie vie sono davanti a te “, fa dunque o signore che fin dai primi passi io mi metta sotto i tuoi occhi, guidami per il retto sentiero e mostrami la Tua via. So che la Tua via è quella della pace. Per tutti coloro che incontro , donami o Signore,il sorriso della amicizia,l’aperto conforto del saluto,la prontezza del soccorso.Signore ,Tu che doni al rugiada ai fiori, il nido agli uccelli, accetta il nostro grazie. Accetta il nostro grazie per il caldo e per il freddo,per il vento che ci accarezza o ci batte sul volto,e ci reca il profumo e le voci di terre lontane. Grazie per le albe piene di fiducia e i tramonti ricchi di pace. Grazie del conforto affinché ogni ora ,riprendiamo i nostri passi per incontrarti.

(Qumran2.net - 2004)

Clan Bolzano 4.... voglia d volare



C'è nell'aria una gran voglia di volare !
prendere il volo ...via !
non è tempo per pensare per capire...è così!
cosa temiamo?

Clan in cammino !

Ora è tempo di mettersi in cammino ...non mi sembra nemmeno vero che sia così.
Ci guardiamo indietro, ci guardiamo dentro e vediamo tante ferite, tante situazioni in sospeso, vedo dei volti, dei ricordi…del tempo passato con/in questo '' tempo scout'' però stanno li e non fanno più così male.
Si perche c'è stato un tempo che stare insieme ...si stava male.
Forse il CLAN e passato oltre, finalmente si stà vivendo un nuovo presente.
Non che tutto sia semplice, si cerca di mettere un piede dopo l’altro, ogni tanto si inciampa…ma si va avanti, sempre più forti.

E siamo tutti consapevoli che vita è fatta più di bassi che di alti…ma ora si vede che c'è la voglia di viverla così, ora il Clan si sente pronto...a camminare.
Vuole camminare !
Deve solo trovare il ritmo del suo passo.
Deve trovare la forza e la costanza del suo passo.
Deve trovare il tempo giusto e metter un passo dopo l'altro, come quando si sale in montagna, piano fino alla META.
Ora si deve diventare i veri PROTAGONISTI del propio t
empo dei propri giorni.
Mi vengono a mente le parole di Rabindranath Tagore

A lungo durerà il mio viaggio

A lungo durerà il mio viaggio
e lunga è la via da percorrere.

Uscii sul mio carro ai primi albori
del giorno, e proseguii il mio viaggio
attraverso i deserti del mondo
lasciai la mia traccia
su molte stelle e pianeti.

Sono le vie più remote
che portano più vicino a te stesso;
è con lo studio più arduo che si ottiene
la semplicità d'una melodia.

Il viandante deve bussare
a molte porte straniere
per arrivare alla sua,
e bisogna viaggiare
per tutti i mondi esteriori
per giungere infine al sacrario
più segreto all'interno del cuore.

I miei occhi vagarono lontano
prima che li chiudessi dicendo:
«Eccoti!»

Il grido e la domanda: «Dove?»
si sciolgono nelle lacrime
di mille fiumi e inondano il mondo
con la certezza: « lo sono! »

tempo di.... essere pronti




Bisogna sapere prima, al fine di agire dopo

Da quando un giorno ho detto ai dodici:

Siate Pronti,

non serve a niente l'ignoranza e il non fatto apposta.

Sii pronto, come un vero Scout, al minuto esatto.

Con la tua volonta', se concludi questo patto,

all'ora del bisogno ti restera' intatta.

Sii pronto, come un vero Scout, a fare in ogni momento

per il prossimo tuo fratello, un atto di dedizione.

E se non ti piace, donati doppiamente.

Sii pronto a ricevere chi viene a disturbarti

Sii pronto a soccorrere il povero e lo straniero

Sii pronto, come un vero Scout, a correre al pericolo.

Sii pronto quando la virtu' richiede i tuoi sforzi,

Sii pronto a trionfare sull'Eterno Nemico

Sii Pronto, ogni mattina, a ricevere il mio Corpo.

Sii pronto, a perdonare, visto che e' la prova dell'amore

Sii pronto a fare onore al Dio del tuo Battesimo

E, se cammini solo, a camminare dritto lo stesso.

Sii pronto a immolarti su un banale altare,

Sii Pronto, come un vero Scout, a rispondere all'appello

Sii pronto in ogni momento a partire per il Cielo.

Jacques Sevin, 1921

lunedì 19 novembre 2007

il motto

Il motto della branca R/S è: "SERVIRE"Il Valore del servizio, così come deve essere inteso, non dipende solamente dall'adesione personale ad un modello di vita impostato sulla generosità e sull'altruismo: ogni Scout deve giungere a capire che vivere cristianamente è scegliere il servizio per combattere e liberarsi da ogni forma di egoismo.

venerdì 16 novembre 2007

ll tempo delle cose

Di Enzo Bianchi fonte AVVENIRE

… Si tratta infatti di recuperare armonia non solo con lo spazio (l'eco-logia) ma anche con il tempo, perché l'uno e l'altro sono dimensioni costitutive dell'essere umano. ….. Interrogarsi sulla domenica significa anche porsi questioni riguardo al modo di vivere il tempo, al rapporto che si intrattiene con il tempo. ….prestare grande attenzione al tempo, e al tempo in tutte le sue dimensioni. Si tratta di trovare radici (passato) per poter fondare su di esse e nutrire grazie ad esse una speranza (futuro) e così poter vivere pienamente nell'oggi (presente).
La cultura consumistico-tecnologica, tesa com'è a conquistare spazio e ad accrescere il proprio potere su di esso, rischia di operare un'accentuazione unilaterale della dimensione dello spazio a scapito della dimensione del tempo. Il tempo arriva perfino a essere intravisto come il grande nemico all'interno di una cultura e di una società dominate dai miti dell'efficienza e della produttività, traversate dallo slogan del «tutto e subito», caratterizzate dalla velocizzazione dei ritmi sociali e di lavoro e dall'occupazione e organizzazione massicce del tempo libero individuale. Ma una società segnata dalla lotta contro il tempo, dalla corsa contro il tempo, rischia di conculcare le aspirazioni umane nell'ambito del tempo e si configura come società in cui non si ha più tempo. ….
Patologia che in profondità assume il volto dell'idolatria: non io ordino il tempo, ma il tempo schiavizza me…

giovedì 15 novembre 2007

il tempo fatto di ....attimi


Ci sono momenti
che passano in fretta
e il tempo che vola
sa di sigaretta
Ci sono momenti
che pensi alla vita
ed altri in cui credi
che è proprio finita
E ti viene da vivere
e ti viene da piangere
e ti viene da prendere un treno
andare affanculo e lasciare tutto com’è
che qui non è facile
e ti senti fragile
eh qui dove tutto quello che conta è quello che senti
e sentire com’è, sentire com’è…
Com’è straordinaria la vita
com’è, coi suoi segreti, i sorrisi, gli inganni
Com’è straordinaria la vita
che un giorno ti senti come in un sogno
e poi ti ritrovi all’inferno
Com’è straordinaria la vita
che non si ferma mai
si! Non si ferma mai!
E ti viene da vivere
e ti viene da credere
e ti viene da provarci ancora
continuare a lottare e dare il meglio di te
che qui non è facile
e ti senti fragile
eh qui dove tutto quello che conta è quello che senti
e sentire com’è, sentire com’è…
Com’è straordinaria la vita
com’è che ti fa credere, amare e gridare
Com’è straordinaria la vita
che non si ferma mai
si! Non si ferma mai!
Eh eh eh
eh eh eh
Com’è straordinaria la vita
che un giorno ti senti come in un sogno
e poi ti ritrovi all’inferno
Com’è straordinaria la vita
che non si ferma mai
si! Non si ferma mai!
E mi viene da ridere
e mi viene da vivere!

Claudio Baglioni

mercoledì 14 novembre 2007

Presente, passato, futuro


"Non ricordare più le cose passate, non pensare più alle cose antiche! Ecco faccio una cosa nuova; proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?"
Questo passo del vangelo mi è sempre piaciuto....
La messa domenicale per me è un'occasione di riflessione e di crescita personale, spirituale ma soprattutto emotiva, in questi ultimi tempi.
"Non ricordare più le cose passate": quanto vorrei! Non voglio un colpo di spugna, non voglio cancellare, solo dimenticare la fissità e l'immobilità del passato, quella che mi blocca, quella che mi umilia e mi succhia le energie e il sole che ho dentro, come un parassita.
Il passato non è cattivo. Mai. Siamo così come siamo perchè fummo, un tempo, ciò che siamo stati. Non rinnego niente.
Rimpianti? Con il senno del poi è sempre facile dire di sì, ma nel momento, quando scegli, quando trovi davanti il bivio o l'incorcio, ampia e scorrevole sia la strada o angusta e tortuosa, qualunque sia la scelta è quella che in quel momento sembra la più opportuna. La migliore. E se quella è la scelta migliore nell'hinc et nunc di allora, inutile pensare a rimpianti e rimorsi.
La scelta la facciamo noi. La faccio io. Sempre. Costantemente.
Esperienza. Si dice che facciamo esperienza. Esperienza non è forse il nome che diamo agli errori? Ecco. Se non si fanno errori non si apprende la lezione della vita.
Quale lezione? la felicità. Esistiamo per essere felici. Nessuno mi dissuade da questa convizione. Anche se la stanchezza, la frustrazione, il passato che ritorna come incubo cattivo, talvolta oscurano il presente ed ipotecano il mio futuro.
Ma la scelta siamo noi. sono io. Quindi "
Non ricordare più le cose passate, non pensare più alle cose antiche! Ecco faccio una cosa nuova; proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?"
Anzi... non me ne accorgo?

Francesco: figlio del suo TEMPO




Francesco: figlio del suo tempo

Era un tempo di tinte forti quello. Senza grandi sfumature, senza penombre. Bianco e nero, chiaro e scuro. Un tempo che rifuggiva i grigi e i compromessi. Dappertutto, anche nella chiesa. Nasce in questo tempo l'ordine dei domenicani. Con Domenico di Guzmann, grande teologo e grande predicatore. Anche lui senza chiaroscuri, senza grigi. La dottrina cristiana non poteva svendersi a nessuno. Nasce l'ordine dei predicatori che poi, in seguito diventerà il pilastro di quella che sarà l'Inquisizione. Tempo in cui i cristiani avevano una loro forte identità. Contro un insorgente mondo islamico che metteva in pericolo non solo l'ortodossia della fede, ma anche il ruolo politico che la fede aveva. I musulmani che avevano preso la terra dove si trovava il Santo Sepolcro.

I luoghi santi erano in mano agli infedeli e non poteva il mondo cristiano lasciarli nelle loro mani. Era nato Pietro l'Eremita che aveva predicato la guerra santa per la liberazione di Gerusalemme. Partivano i principi cristiani, pronti, almeno si diceva, a donare la vita pur di riconquistare la terra Santa. Tutti al grido di "Dio lo vuole". Quella con i musulmani sarebbe stata una partita aperta, che solo con la sconfitta delle armate turche a Lepanto avrebbe trovato una sua soluzione.

Tempo in cui la chiesa aveva fatto la sua scelta. Chiara. La religione aveva trovato gambe su cui camminare. Il potere imperiale doveva essere al servizio della cristianità . La chiesa, unico luogo di salvezza, aveva anche il potere di "imporre" la fede, pur di salvare gli uomini. D'altra parte era chiaro il monito: "Extra ecclesia nulla salus".

E che salvezza non ci fosse fuori della chiesa lo avevano detto e lo avrebbero detto in seguito i roghi su cui si bruciavano le streghe, con l'unico scopo di togliere lo scandalo interno all'ecclesia e di poter inviare, fresca di conversione e di pentimento, l'anima di chi era condannato nel paradiso.

Tempo di gente che non scherzava, quello, in cui in una guerra fratricida tra Perugia ed Assisi, tanti giovani uccidevano e morivano per l'onore e l'interesse del proprio comune.
Tempo in cui a chiare tinte si distingueva bene chi era eletto e chi non era eletto da Dio. Erano eletti i mercanti che con i loro commerci aumentavano la ricchezza loro e della comunità. Era escluso, messo da parte chi non riusciva a entrare nel circolo della ricchezza.

È in questo quadro che nasce la figura diversa, ma pur sempre tanto legata al suo tempo, di Francesco. Anche lui un uomo senza chiaroscuri, tutto d'un pezzo, che non accettava compromessi. Senza compromessi prima, quando, figlio della ricca borghesia di Assisi, aveva vissuto fino in fondo questa sua condizione. Uomo brillante e divertente, che amava la bella vita, gli agi, il divertimento. Lontano dal volgo povero e imbelle. Una vita a suo modo radicale, portata avanti fino all'estremo, fino ad arruolarsi in battaglia e a fare la guerra in nome dei propri valori e dei propri interessi.

E tutto cambia con quella guerra. Ferito in combattimento, ha davanti a sé tanto tempo per riflettere, per pensare a se stesso. Finalmente. Prima si era fatto portare dagli avvenimenti, dalla sua condizione. Adesso ha il tempo di entrare dentro se stesso e di rivedere tutto. Anche il vangelo.
Ed è qui che questo uomo tutto d'un pezzo scopre di essere chiamato ad altro. Non tanto a convertirsi perché già lui e i suoi amici erano dei fedeli. Erano fedeli il vescovo e il signore del paese. Erano fedeli suo padre e i suoi colleghi mercanti.

Ma, adesso che Francesco aveva potuto leggere finalmente il vangelo, la sua testa era in preda a dubbi enormi. Come si poteva essere fedeli a Gesù nato povero, vivendo da ricco? Come si poteva conciliare il vangelo che dice: "Guardate gli uccelli dell'aria. Non seminano e non mietono, ma Dio dà loro ugualmente il cibo. Guardate i gigli del campo, non commerciano e tessono stoffe lussuose, eppure neanche re Salomone era elegante quanto loro"? Come si poteva essere discepoli di un uomo che era morto ammazzato, continuando a fare la guerra e, quindi ad ammazzare gli altri? E, ancora, come era possibile seguire un uomo come il nazareno, che si era detto figlio di Dio che aveva creato il cielo, le stelle, il mondo e la natura, che aveva chiesto all'uomo di custodire e far crescere la terra, se non ci si metteva in un rapporto diverso, quasi di venerazione della natura stessa?

Erano questi forse gli interrogativi che percorrevano la sua mente. Pensieri che lo avrebbero portato, da uomo del suo tempo, tutto d'un pezzo, a fare una scelta radicale. A spogliarsi di tutto per seguire, sine glossa, senza nessuna altra interpretazione, il vangelo alla lettera.
Deve abbandonare tutto: casa, madre e padre, ricchezze e vestiti e diventare come lui. Come Gesù di Nazareth.
E inizia qui l'epopea di Francesco: il suo sposalizio con Madonna Povertà. Lui solo, nudo di tutto eccetto che di se stesso.

È vero, Francesco è un uomo eccezionale. Nessuno come lui è riuscito infatti a seguire con tanta vicinanza il vangelo di Gesù. Ma è anche vero che la sua radicalità gli deriva dall'essere figlio del suo tempo. Un tempo che non ama compromessi e sfumature.

Lui, con i suoi frati, sarà completamente povero. Non solo nello spirito, ma in tutto. Sarà completamente nonviolento fino ad arrivare ad andare a mani nude ad incontrare Saladino. Sarà completamente amico della natura fino a sentirsi fratello del sole, della luna e delle stelle.
Sarà capace di parlare con gli uccelli e di ammansire i lupi.
Sarà contento di soffrire fin dentro la propria carne, le pene subite da Cristo.

Non chiederà nessuno sconto. Non accetterà nessun compromesso. Anche quando i suoi frati lo richiameranno alla saggezza. Fino ad essere incompreso e combattuto dai suoi stessi discepoli.

Dopo di lui, altri faranno scelte anche radicali. Ma lui, il più radicale di tutti, non poteva non essere figlio di un tempo che non amava le mezze misure e i cui figli, qualsiasi cosa facessero, la facevano fino in fondo

martedì 13 novembre 2007

uscita 17/18 novembre



Il 17/18 Novembre ....uscita di servizio.
Andremo al maso Burger Hof in località Lavena
Sabato 17 partenza con mezzi propri alle 18.00 dalla ns. sede Bz4
Arrivo previsto al maso per le 18.30-19.00
Per la sera di Sabato prevediamo di fare cena al sacco... ognuno porta quelche cosa e si condivide insieme.
Dopo cena verso le 20.00 facciamo condivisione e animiamo la serata con il contadinoe la sua famiglia ....facciamo ''attività''....partono le domande canti e dono....preghiera e poi tutti a nanna.
Domenica 18 : mattina sveglia, preghiera....poi colazione e pronti via si parte per metterci a disposizione del contadino e fare quello di cui c'è bisogno nel maso.
Pronti a tutto...lavoriamo, lavoriamo , lavoriamo e poi .... pranzo lo facciamo nuovamente tutti insieme...il contadino ci mette a disposizione una cucina e quindi prepareremo ( clan e noviziato) una pasta e sugo per tutti e invitiamo anche la famiglia del contadino a mangiare con noi. Dopo aver lavato piatti e stoviglie e pulito la cucina si torna a lavorare a servizio del contadino fino alle 16.00-17.00 del pomeriggio
Alle 18.00 messa insieme e poi a casa per le 19.00

INFO
  • Dormiremo al chiuso ma farà freddo!
  • Non servono i fornelletti cucineremo nella cucina del maso
  • Ci sarà un bagno, con wc e lavandino
  • Sabato:cena al sacco
  • Domenica:fare spesa per colazione e pranzo
  • Portare: sacco a pelo pesante, stuoino, gammella e posate, uniforme completa, guanti da lavoro, pila, taccuino e penna.
Buona strada !

tempo... di servizio


Il Servizio (torna su)
“Cercando il bene degli altri troviamo il nostro”

Il nostro obiettivo principale è quello di metterci a disposizione dell’altro, sia esso un amico o uno sconosciuto, ossia quello di aiutare l’altro non tanto facendo elemosina (dono del superfluo) quanto servendolo in maniera concreta (dono di sé) impregnandoci a dare il massimo entro i nostri limiti.
Un modo tra i tanti di fare servizio potrebbe essere quello di fare campi di servizio in posti dove ci viene richiesto aiuto, rogetti nazionali o potremmo aiutare persone più sfortunate di noi. Nel concreto ed in maniera più semplice ci si può impegnare ogni anno a fare servizio in maniera continuativa presso un’associazione (in base alle necessita del gruppo, alle proprie competenze e ai propri interessi ).
Per compiere il servizio bisogna essenzialmente saper ascoltare chi ci chiede aiuto (oppure riuscire a prevenirlo) e farlo in modo serio: ossia con la competenza e la serietà di portarlo a termine nei migliore dei modi possibili. Tale obiettivo si concretizza prima di tutto con la puntualità nel compiere i compiti e gli impegni presi. Per questo ci impegniamo innanzitutto ad una presenza costante nel servizio e più in generale a tutta la vita di clan, in secondo luogo ci deve impegnare a fare almeno un campo di specializzazione (o analogo) onde aumentare la nostra competenza.

lunedì 12 novembre 2007

.....prendersi del tempo per osservare

Stasera treno delle 18.09. Salgo cinque prima della partenza, oh almeno così credo perché quando guardo l’orologio sono le 18.16 e siamo ancora fermi a Bolzano. Ho trovato posto abbastanza facilmente al centro della carrozza, vicino al corridoio. Ora tutti i posti sono pieni e la gente è calcata vicino le porte. Appena prima che queste si chiudano, una figura anziana avanza in modo incerto tra la gente e scende i gradini che portano nel corridoio senza mai alzare lo sguardo. Nella mano destra agita una borsa bianca di plastica: dentro c’è poca roba, sembrano tre arance. Il sacchetto si muove adagio, oscilla insieme al corpo dell’uomo proprio come se fosse una sua appendice. Distolgo il mio sguardo (incantato) dal sacchetto e quando mi passa di fianco mi accorgo che il suo cappotto è tutto macchiato. Ora riesco a vederlo in volto: ha la barba grigia, incolta, lunghissima. Capelli bianchi, arruffati, un viso scavato dalle rughe e dal tempo. Bisbiglia fra se, ogni tanto tira fuori un po’ di pane dalla tasca e ne mangia un po’, il passo sempre incerto. E’ un clochard ed è la prima volta che ne vedo uno così vicino a me (a pochi centimetri) e così anziano per giunta.
Mi guardo attorno per controllare se qualcun altro ha fatto la stessa scoperta e vedo che la maggior parte dei miei compagni di viaggio ha un’espressione disgustata, meravigliata. Le mani sono sul viso con un fazzoletto sul naso. Ora lo sento anch’io: tutta la carrozza emana un olezzo di vino. E’ nauseante anche per me. E’ un odore acido, pregnante e pare che sul treno non ce ne siano mai stati altri per anni. Il vecchio nel suo lento procedere continua a fare su e giù per il corridoio. La gente inizia a scappare una alla volta, raduna le sue cose, si congeda con un “io non ce la faccio” e se ne va. Qualcuno dimentica pure il giornale gratuito nella fretta. Alcuni posti si svuotano altri rimangono saldamente incollati ai culi dei rispettivi proprietari che neanche per morte vogliono stare in piedi, dopo aver tanto faticato. Nel frattempo la maggior parte dei finestrini è stato spalancato, l’aria fresca è quasi una manna: grazie Treitalia, almeno i finestrini vanno!
Il posto davanti a me si libera tra i primi. Posso capire il povero impiegato che dopo una giornata storta si deve subire anche questa. Il clochard ne approfitta, si siede di lato e appoggia il sacchetto incantatore in un altro posto vacante oltre il corridoio. Messo lì così, abbandonato, sembra che possa minacciare chiunque altro abbia intenzione di muoversi. Io sono ancora fermo, stupito e non so cosa fare. Di certo non ho intenzione di andarmene. Quest’uomo potrebbe essere mio nonno. Anche se inizialmente ho provato disgusto non posso andarmene, non ho la forza: è pur sempre un uomo. Poi improvvisamente si alza, si dirige di nuovo verso gli scalini: potrebbe scendere a Bovisa ma non lo fa. Si volta, torna indietro, mentre ogni suo minimo, tremante gesto è osservato attentamente da una quarantina di persone. Penso che se qui ci fosse un terrorista avrebbe lo stesso trattamento. E’ incredibile.
Mi supera, apre con difficoltà la porta che separa lo scompartimento e la richiude dietro di sé. Un unico sospiro di sollievo unisce tutta la carrozza. C’è qualche gesto di soddisfazione, la tensione si distende. “Ohhhh finalmente, che se lo prendano loro, adesso!!”.
Io mi sento a disagio, questi commenti mi danno imbarazzo. Avrei voglia di strillare in faccia a questa gente. Come si fa a non capire. A ridere di fronte a chi soffre? Non si può neppure immaginare cosa abbia passato questo vecchio per ridursi così. Quanta sofferenza dentro di lui. Come non si può avere rispetto per chi è in difficoltà?
I nostri vecchi si lamentano sempre dei dolori, che nessun parente li va a trovare mai abbastanza e che la pensione è sempre bassa. Cosa dovrebbe dire questo clochard senza un posto dove stare, con solo un sacchetto bianco di plastica con tre arance dentro e del pane nella giacca?
Quanto tempo è passato? Quanto tempo mi ha regalato quest'uomo?

il concetto di tempo

IL TEMPO


Il concetto del tempo viene concepito dagli esseri umani attraverso la metafora spaziale, gli attribuiamo cioè le caratteristiche proprie dello spazio. Lo definiamo lungo, corto, stretto e, su un ipotetico asse sul quale ci collochiamo, posizioniamo sempre alle nostre spalle il tempo passato e di fronte a noi il tempo futuro.
Questa organizzazione cognitiva del tempo sembrava, fino a ieri, universale e sostenuta dall’orientamento del nostro corpo nello spazio e dalla direzione normale del nostro movimento. Fossimo stati dei polipi, probabilmente avremmo concepito il tempo in un altro modo.
Eppure oggi sappiamo che non è così per tutti: gli Aymara, popolo indigeno del Sudamerica che vive negli altipiani andini della Bolivia, del Perù e del Cile, possiedono un concetto del tempo reverso: localizzano il passato di fronte a loro e il futuro alle loro spalle. Unico caso conosciuto sul pianeta.

La ricerca è apparsa su Cognitive Science, ed è stata condotta dalla professoressa di linguistica alla Berkeley Eve Sweetser e da Rafael Nunez, professore associato di scienze cognitive e direttore del Embodied Cognition Laboratory alla University of California di San Diego.
Il linguaggio degli Aymara era stato scoperto dagli occidentali già dai primi giorni della conquista spagnola. Un gesuita scriveva già nel 1600 che la lingua Aymara era particolarmente pregna di idee astratte e nel diciannovesimo secolo essa fu rinominata “linguaggio di Adamo”.
Più recentemente Umberto Eco ha lodato la sua capacità di produrre neologismi e ci sono stati anche dei tentativi di applicare la cosiddetta “logica andina”- che aggiunge una terza opzione al solito sistema binario di vero/falso e di si/no- alle applicazioni informatiche.
Per effettuare la ricerca Nunez ha raccolto 20 ore di conversazione con 30 adulti Aymara del nord del Cile. Fra i volontari erano compresi monolingua Aymara, monolingua spagnoli, e una buona parte di bilingue, le cui competenze linguistiche sono varie ed includono il creolo spagnolo/Aymara chiamato Andino Castellano. Le interviste, videoregistrate, sono state disegnate appositamente per includere discussioni naturali di eventi del passato e del futuro.
L’ipotesi del concetto reverso del tempo si fonda sia su evidenze linguistiche che gestuali.
La lingua aymara sceglie la parola “nayra” (occhio, fronte, lato) per indicare il passato e la parola “ghipa” (dietro, alle spalle) per indicare il futuro. Per esempio l’espressione “nayra mara” che significa “lo scorso anno” è letteralmente “l’anno di fronte”
Ma l’analisi linguistica non è sufficiente.
Anche in inglese si può usare la parola “ahead” per indicare un punto più vicino nel tempo. Dicendo: “We are at 20 minutes ahead of 1 p.m.” (Siamo 20 minuti davanti all’una) intendiamo “adesso sono le 12.40 p.m”. Basandosi solo su questa evidenza linguistica un linguista marziano potrebbe giustificatamene pensare che gli inglesi, come gli Aymara, pongono il passato di fronte a sé.
Ci sono in inglese (e in italiano) delle espressioni ambigue come “Wednesday’s meeting was moved forward two days.” (L’incontro di mercoledì è stato spostato di due giorni).
Significa che il nuovo incontro cadrà di lunedì o di venerdì? Metà degli inglesi a cui lo chiederete risponderà “lunedì”, e l’altra metà “venerdì”. E questo dipende da dove essi si immaginano nel moto relativo attraverso il tempo o se immaginano che sia il tempo stesso a muoversi. Entrambe queste idee sono perfettamente accettabili in inglese e in italiano e anche grammaticalmente corrette, come è illustrato dalle frasi “stiamo andando verso la fine dell’anno” contro “la fine dell’anno sta arrivando”.

E’ quindi soprattutto l’analisi della gestualità che conferma che gli Aymara hanno un concetto reverso del tempo: essi indicano lo spazio dietro di loro quando parlano del futuro, puntando il pollice o portando la mano dietro le loro spalle, e indicano lo spazio di fronte a loro quando parlano del passato, estendendo mani e braccia vicini al corpo per il presente e il passato recente, e facendo un’estensione in avanti molto maggiore per il passato remoto.
In altre parole essi usano gesti identici a quelli che ci sono familiari, ma esattamente nel senso opposto.
Perché questo accada non è chiaro. Una possibilità, secondo gli autori dello studio, potrebbe risiedere nel fatto che gli Aymara danno un grosso significato al fatto che un evento o un’ azione sia stata vista o no dal parlante. Una semplice affermazione come “Nel 1942 Colombo attraversò l’oceano” non è possibile in Aymara, la frase dovrebbe necessariamente specificare se il parlante abbia personalmente assistito a questo evento o se riporti qualcosa di detto da altri.

In una cultura che privilegia la distinzione fra visto/non visto e conosciuto/non conosciuto acquisisce forse un senso il posto del passato di fronte al soggetto, nel campo del visto, e lo sconosciuto e l’inconoscibile futuro dietro alle spalle.
Sebbene questa possa essere una spiegazione, e in linea con l’osservazione che spesso gli Aymara si rifiutano di parlare del futuro perché ritengono che su di esso si possa dire niente o molto poco di utile, non appare comunque sufficiente.
Ad ogni modo questa maniera di pensare al tempo sta scomparendo. I soggetti più giovani, che sono fluenti anche in spagnolo tendono a gesticolare in maniera “normale”, come se avessero riorientato il loro modo di pensare.
Non è lontano il giorno in cui, come il resto del globo, anche gli Aymara volteranno le spalle al loro passato e guarderanno avanti verso il futuro.
Peccato.