Francesco: figlio del suo tempo
Era un tempo di tinte forti quello. Senza grandi sfumature, senza penombre. Bianco e nero, chiaro e scuro. Un tempo che rifuggiva i grigi e i compromessi. Dappertutto, anche nella chiesa. Nasce in questo tempo l'ordine dei domenicani. Con Domenico di Guzmann, grande teologo e grande predicatore. Anche lui senza chiaroscuri, senza grigi. La dottrina cristiana non poteva svendersi a nessuno. Nasce l'ordine dei predicatori che poi, in seguito diventerà il pilastro di quella che sarà l'Inquisizione. Tempo in cui i cristiani avevano una loro forte identità. Contro un insorgente mondo islamico che metteva in pericolo non solo l'ortodossia della fede, ma anche il ruolo politico che la fede aveva. I musulmani che avevano preso la terra dove si trovava il Santo Sepolcro.
I luoghi santi erano in mano agli infedeli e non poteva il mondo cristiano lasciarli nelle loro mani. Era nato Pietro l'Eremita che aveva predicato la guerra santa per la liberazione di Gerusalemme. Partivano i principi cristiani, pronti, almeno si diceva, a donare la vita pur di riconquistare la terra Santa. Tutti al grido di "Dio lo vuole". Quella con i musulmani sarebbe stata una partita aperta, che solo con la sconfitta delle armate turche a Lepanto avrebbe trovato una sua soluzione.
Tempo in cui la chiesa aveva fatto la sua scelta. Chiara. La religione aveva trovato gambe su cui camminare. Il potere imperiale doveva essere al servizio della cristianità . La chiesa, unico luogo di salvezza, aveva anche il potere di "imporre" la fede, pur di salvare gli uomini. D'altra parte era chiaro il monito: "Extra ecclesia nulla salus".
E che salvezza non ci fosse fuori della chiesa lo avevano detto e lo avrebbero detto in seguito i roghi su cui si bruciavano le streghe, con l'unico scopo di togliere lo scandalo interno all'ecclesia e di poter inviare, fresca di conversione e di pentimento, l'anima di chi era condannato nel paradiso.
Tempo di gente che non scherzava, quello, in cui in una guerra fratricida tra Perugia ed Assisi, tanti giovani uccidevano e morivano per l'onore e l'interesse del proprio comune.
Tempo in cui a chiare tinte si distingueva bene chi era eletto e chi non era eletto da Dio. Erano eletti i mercanti che con i loro commerci aumentavano la ricchezza loro e della comunità. Era escluso, messo da parte chi non riusciva a entrare nel circolo della ricchezza.
È in questo quadro che nasce la figura diversa, ma pur sempre tanto legata al suo tempo, di Francesco. Anche lui un uomo senza chiaroscuri, tutto d'un pezzo, che non accettava compromessi. Senza compromessi prima, quando, figlio della ricca borghesia di Assisi, aveva vissuto fino in fondo questa sua condizione. Uomo brillante e divertente, che amava la bella vita, gli agi, il divertimento. Lontano dal volgo povero e imbelle. Una vita a suo modo radicale, portata avanti fino all'estremo, fino ad arruolarsi in battaglia e a fare la guerra in nome dei propri valori e dei propri interessi.
E tutto cambia con quella guerra. Ferito in combattimento, ha davanti a sé tanto tempo per riflettere, per pensare a se stesso. Finalmente. Prima si era fatto portare dagli avvenimenti, dalla sua condizione. Adesso ha il tempo di entrare dentro se stesso e di rivedere tutto. Anche il vangelo.
Ed è qui che questo uomo tutto d'un pezzo scopre di essere chiamato ad altro. Non tanto a convertirsi perché già lui e i suoi amici erano dei fedeli. Erano fedeli il vescovo e il signore del paese. Erano fedeli suo padre e i suoi colleghi mercanti.
Ma, adesso che Francesco aveva potuto leggere finalmente il vangelo, la sua testa era in preda a dubbi enormi. Come si poteva essere fedeli a Gesù nato povero, vivendo da ricco? Come si poteva conciliare il vangelo che dice: "Guardate gli uccelli dell'aria. Non seminano e non mietono, ma Dio dà loro ugualmente il cibo. Guardate i gigli del campo, non commerciano e tessono stoffe lussuose, eppure neanche re Salomone era elegante quanto loro"? Come si poteva essere discepoli di un uomo che era morto ammazzato, continuando a fare la guerra e, quindi ad ammazzare gli altri? E, ancora, come era possibile seguire un uomo come il nazareno, che si era detto figlio di Dio che aveva creato il cielo, le stelle, il mondo e la natura, che aveva chiesto all'uomo di custodire e far crescere la terra, se non ci si metteva in un rapporto diverso, quasi di venerazione della natura stessa?
Erano questi forse gli interrogativi che percorrevano la sua mente. Pensieri che lo avrebbero portato, da uomo del suo tempo, tutto d'un pezzo, a fare una scelta radicale. A spogliarsi di tutto per seguire, sine glossa, senza nessuna altra interpretazione, il vangelo alla lettera.
Deve abbandonare tutto: casa, madre e padre, ricchezze e vestiti e diventare come lui. Come Gesù di Nazareth.
E inizia qui l'epopea di Francesco: il suo sposalizio con Madonna Povertà. Lui solo, nudo di tutto eccetto che di se stesso.
È vero, Francesco è un uomo eccezionale. Nessuno come lui è riuscito infatti a seguire con tanta vicinanza il vangelo di Gesù. Ma è anche vero che la sua radicalità gli deriva dall'essere figlio del suo tempo. Un tempo che non ama compromessi e sfumature.
Lui, con i suoi frati, sarà completamente povero. Non solo nello spirito, ma in tutto. Sarà completamente nonviolento fino ad arrivare ad andare a mani nude ad incontrare Saladino. Sarà completamente amico della natura fino a sentirsi fratello del sole, della luna e delle stelle.
Sarà capace di parlare con gli uccelli e di ammansire i lupi.
Sarà contento di soffrire fin dentro la propria carne, le pene subite da Cristo.
Non chiederà nessuno sconto. Non accetterà nessun compromesso. Anche quando i suoi frati lo richiameranno alla saggezza. Fino ad essere incompreso e combattuto dai suoi stessi discepoli.
Dopo di lui, altri faranno scelte anche radicali. Ma lui, il più radicale di tutti, non poteva non essere figlio di un tempo che non amava le mezze misure e i cui figli, qualsiasi cosa facessero, la facevano fino in fondo