IL TEMPO 
Il concetto del tempo viene concepito dagli esseri umani attraverso la metafora spaziale, gli attribuiamo cioè le caratteristiche proprie dello spazio. Lo definiamo lungo, corto, stretto e, su un ipotetico asse sul quale ci collochiamo, posizioniamo sempre alle nostre spalle il tempo passato e di fronte a noi il tempo futuro.
Questa organizzazione cognitiva del tempo sembrava, fino a ieri, universale e sostenuta dall’orientamento del nostro corpo nello spazio e dalla direzione normale del nostro movimento. Fossimo stati dei polipi, probabilmente avremmo concepito il tempo in un altro modo.
Eppure oggi sappiamo che non è così per tutti: gli Aymara, popolo indigeno del Sudamerica che vive negli altipiani andini della Bolivia, del Perù e del Cile, possiedono un concetto del tempo reverso: localizzano il passato di fronte a loro e il futuro alle loro spalle. Unico caso conosciuto sul pianeta.
La ricerca è apparsa su Cognitive Science, ed è stata condotta dalla professoressa di linguistica alla Berkeley Eve Sweetser e da Rafael Nunez, professore associato di scienze cognitive e direttore del Embodied Cognition Laboratory alla University of California di San Diego.
Il linguaggio degli Aymara era stato scoperto dagli occidentali già dai primi giorni della conquista spagnola. Un gesuita scriveva già nel 1600 che la lingua Aymara era particolarmente pregna di idee astratte e nel diciannovesimo secolo essa fu rinominata “linguaggio di Adamo”.
Più recentemente Umberto Eco ha lodato la sua capacità di produrre neologismi e ci sono stati anche dei tentativi di applicare la cosiddetta “logica andina”- che aggiunge una terza opzione al solito sistema binario di vero/falso e di si/no- alle applicazioni informatiche.
Per effettuare la ricerca Nunez ha raccolto 20 ore di conversazione con 30 adulti Aymara del nord del Cile. Fra i volontari erano compresi monolingua Aymara, monolingua spagnoli, e una buona parte di bilingue, le cui competenze linguistiche sono varie ed includono il creolo spagnolo/Aymara chiamato Andino Castellano. Le interviste, videoregistrate, sono state disegnate appositamente per includere discussioni naturali di eventi del passato e del futuro.
L’ipotesi del concetto reverso del tempo si fonda sia su evidenze linguistiche che gestuali.
La lingua aymara sceglie la parola “nayra” (occhio, fronte, lato) per indicare il passato e la parola “ghipa” (dietro, alle spalle) per indicare il futuro. Per esempio l’espressione “nayra mara” che significa “lo scorso anno” è letteralmente “l’anno di fronte”
Ma l’analisi linguistica non è sufficiente.
Anche in inglese si può usare la parola “ahead” per indicare un punto più vicino nel tempo. Dicendo: “We are at 20 minutes ahead of 1 p.m.” (Siamo 20 minuti davanti all’una) intendiamo “adesso sono le 12.40 p.m”. Basandosi solo su questa evidenza linguistica un linguista marziano potrebbe giustificatamene pensare che gli inglesi, come gli Aymara, pongono il passato di fronte a sé.
Ci sono in inglese (e in italiano) delle espressioni ambigue come “Wednesday’s meeting was moved forward two days.” (L’incontro di mercoledì è stato spostato di due giorni).
Significa che il nuovo incontro cadrà di lunedì o di venerdì? Metà degli inglesi a cui lo chiederete risponderà “lunedì”, e l’altra metà “venerdì”. E questo dipende da dove essi si immaginano nel moto relativo attraverso il tempo o se immaginano che sia il tempo stesso a muoversi. Entrambe queste idee sono perfettamente accettabili in inglese e in italiano e anche grammaticalmente corrette, come è illustrato dalle frasi “stiamo andando verso la fine dell’anno” contro “la fine dell’anno sta arrivando”.
E’ quindi soprattutto l’analisi della gestualità che conferma che gli Aymara hanno un concetto reverso del tempo: essi indicano lo spazio dietro di loro quando parlano del futuro, puntando il pollice o portando la mano dietro le loro spalle, e indicano lo spazio di fronte a loro quando parlano del passato, estendendo mani e braccia vicini al corpo per il presente e il passato recente, e facendo un’estensione in avanti molto maggiore per il passato remoto.
In altre parole essi usano gesti identici a quelli che ci sono familiari, ma esattamente nel senso opposto.
Perché questo accada non è chiaro. Una possibilità, secondo gli autori dello studio, potrebbe risiedere nel fatto che gli Aymara danno un grosso significato al fatto che un evento o un’ azione sia stata vista o no dal parlante. Una semplice affermazione come “Nel 1942 Colombo attraversò l’oceano” non è possibile in Aymara, la frase dovrebbe necessariamente specificare se il parlante abbia personalmente assistito a questo evento o se riporti qualcosa di detto da altri.
In una cultura che privilegia la distinzione fra visto/non visto e conosciuto/non conosciuto acquisisce forse un senso il posto del passato di fronte al soggetto, nel campo del visto, e lo sconosciuto e l’inconoscibile futuro dietro alle spalle.
Sebbene questa possa essere una spiegazione, e in linea con l’osservazione che spesso gli Aymara si rifiutano di parlare del futuro perché ritengono che su di esso si possa dire niente o molto poco di utile, non appare comunque sufficiente.
Ad ogni modo questa maniera di pensare al tempo sta scomparendo. I soggetti più giovani, che sono fluenti anche in spagnolo tendono a gesticolare in maniera “normale”, come se avessero riorientato il loro modo di pensare.
Non è lontano il giorno in cui, come il resto del globo, anche gli Aymara volteranno le spalle al loro passato e guarderanno avanti verso il futuro.
Peccato.