lunedì 17 dicembre 2007

il perche del fare...il perche di essere scout


Carissimi ragazzi !
Noi siamo come alberi da frutto...il cui frutto non cascherà tanto lontano dall’albero e porterà sicuramente nuovo frutto.L’anno che passeremo insieme , fatto di racconti, azioni e gioco, metteranno a nudo verità scomode, di una vita che per dare ‘’frutto’’ deve essere vissuta pienamente Per vivere pienamente ogni tipo di esperienza è necessario comunque porsi con il giusto atteggiamento.
Penso che ci si debba mettere nella condizione di dirsi :…’’si questa è una sfida che mi piace affrontare ...per questo voglio combattere" .Penso che sia importante porsi in una dimensione ideale !
Gli ideali per me, sono "Idee con le ali", complici del nostro progredire,del nostro desiderio di vivere meglio, di fare luce sulle scorciatoie possibili per realizzare una vita migliore, da vivere ora, subito, nell'immediato e unico nostro tempo tangibile: il presente, con gli insegnamenti del passato e i sogni del futuro.Ecco, ho sempre pensato che la scelta del servizio fosse l'ultima forma di cavalleria errante contro l'etica utilitaristica della modernità, dell'anti-tradizione.Il servizio non è un bel concetto, ma è legato alla terra e all'uomo…ai frutti dell’albero che mangiamo e mangeremo.
Il servizio è come un grande albero da frutto !
Ragazzi dobbiamo crescere come alberi da frutto , per tornare a credere nell'uomo e nella vita, per essere capaci di un gesto di solidarietà, per saper vedere un'ingiustizia e combatterla.
Essere Clan significa avere lo stile del cavaliere .
Essere Clan significa essere in prima linea e dire :‘’ io ci sono !’’
Buona strada

sabato 8 dicembre 2007

torre di babele

Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. Emigrando dall'oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennaar e vi si stabilirono. 3Si dissero l'un l'altro: «Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco». Il mattone servì loro da pietra e il bitume da cemento. 4Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra». 5Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo. 6Il Signore disse: «Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l'inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. 7Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l'uno la lingua dell'altro». 8Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. 9Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.

giovedì 6 dicembre 2007

BANDUS

E se tutti i cattivi sparissero? Se tutte le persone malvage, senza coscienza e rispetto per gli altri venissero portate via da un’onda anomala selettiva? L’ altra notte ho sognato qualcosa del genere, solo che lo tsunami portava via me. Ero ad un centinaio di metri dalla riva del mare, non so dove, stavo facendo delle fotografie al mare agitato, quando improvvisamente mi sono trovato di fronte un monte d’acqua alto dieci metri che avanzava velocemente. Ho cominciato a correre dalla parte opposta, anche se non sapevo esattamente cosa stavo facendo, se fosse giusto correre in quella direzione, non c’ erano alture su cui rifugiarsi, il terreno era maledettamente piatto, anzi, c’era una lieve depressione (altrimenti che incubo era?), per cui mi sono trovato travolto dall’acqua e trascinato via. Mi sono svegliato in tempo, prima di annegare intendo, con la gola secca. Strano, vero? Uno sogna che sta rischiando di annegare in un mare d’acqua e si sveglia all’asciutto, neanche minimamente sudato. Comunque mi sono alzato a bere ringraziando l’ "editore dei sogni" per avermi risparmiato la sensazione sicuramente sgradevole dei polmoni che si riempiono d’acqua e così via. Solo che mi chiedevo: perché io? Sono le tipiche domande che uno si pone alle tre di notte davanti al frigiorifero buio, perché da anni la lampadina si è fulminata e non ho mai trovato tempo e voglia di cambiarla. Conosco diverse persone che meriterebbero di essere trascinate via dallo tsunami e ben pochi le rimpiangerebbero. Ma sì, tutti i cattivi, i malvagi, i prepotenti, gli arroganti, gli antipatici supponenti, ladri, assassini, dittatori spazzati via in pochi secondi. Già. E poi? Che punti di riferimento avremo? Voglio dire che i cattivi, in fondo, servono a farci sentire buoni, è un meccanismo socio-psicologico ben noto, è quello che spiega come mai siamo così attratti dalla cronaca nera, dai fatti di sangue, dalle situazioni negative, ovviamente osservate a debita distanza. D’accordo, quando è troppo è troppo e, ad un certo punto, si innesca anche il rifiuto, tuttavia la storia negativa ci rassicura, in un certo senso, perché ci fa prenderer le distanze da quei personaggi e ci fa dire: ma io non sono e non sarò mai così. Ne siamo sicuri? Ovviamente no, come già detto in un altro post di pochi giorni fa. Solo che possiamo prendere le distanze da qualcosa di esistente, da un concetto che conosciamo, da una situazione che possiamo sperimentare e rappresentare, se questa non si verifica non ne potremo riconoscere i connotati e quindi nemmeno ci potremo definire buoni in mancanza dei cattivi. Con chi ci potremmo mettere in relazione? La felicità è un mondo di buoni? Neache per sogno! Un mondo un po’ meno crudele è da millenni l’auspicio di molti, ma temo che non sarà possibile, la differenza tra il passato e il presente è che il nostro destino oggi è in mano a molte meno persone rispetto a qualche secolo fa, il mondo è più piccolo, più affollato, più controllato e controllabile, basta la follia di un paio di idioti per scatenare l’inferno. E di idioti, in giro, ce n’è più di un paio.

lunedì 3 dicembre 2007

fantasia

"La cosa peggiore che può capitare ad un uomo che trascorre tanto tempo da solo è quella di non avere immaginazione. La vita, già di per sè noiosa e ripetitiva, diventa, in mancanza di fantasia, uno spettacolo mortale".

sabato 1 dicembre 2007

...il gioco della vita non è agonismo!


Dico una banalità: si impara a vincere....vincendo. Molte volte si pensa che vincere significhi battere gli avversari, ma vincere è anche superare i propri limiti. Questa, anzi, è la prima vittoria che si deve cercare di ottenere. Quando uno è già adulto e cerca di imparare un nuovo sport, per esempio lo sci, se ci riesce la sua soddisfazione è pari a quella di vincere una partita. Vincere è anche superare delle difficoltà. E questo vale sia nella vita che nello sport. E poi c’è la vittoria sugli avversari. Purtroppo noi viviamo in una società in cui si pretende di assimilare tutta la vita ad un campionato. Come se lo sport fosse un paradigma per tutte le situazioni. Ci dicono: “Sii un campione, mangia la pasta tal dei tali”, “Vinci nella vita, usa la macchina talaltra”. Invece la vita non è un campionato.
Se noi facciamo una bella partita e poi perdiamo per un punto, abbiamo perso. I secondi sono i primi degli ultimi....ci dicono! Pochi si ricorderanno se abbiamo perso per molto o per poco. Ed è giusto così, lo sport è così. Ma la vita non è così. Non è che se uno fa un punto in meno di un altro è un perdente. Non ci dobbiamo credere. Quello che invece serve allo sport è imparare a perdere, oltre che a vincere. Anche se tutti parlano dell’importanza dell’aspetto educativo dello sport e poi hanno paura di introdurre l’agonismo nella scuola, come se l’agonismo non fosse già nella vita, come se non si dicesse ai bambini: “Preparati, la vita è molto dura. Tu devi essere il migliore, quindi studia”.
Serve imparare a vincere, nel senso che bisogna fare le cose bene, sacrificarsi, essere efficienti, dare importanza alle cose decisive e anche a quelle meno decisive, quando la posta in gioco è alta. Ma serve anche imparare a perdere. Chi fa sport sa che non si può vincere sempre. L’eccezione è vincere sempre, la norma è un’alternanza tra vittorie e sconfitte. Cercare di vincere il più possibile, ma non credete a quelli che vi dicono che il mondo si divide tra vincenti e perdenti. Il mondo, secondo me, si divide soprattutto tra brave e cattive persone. Perlomeno questa è la divisione più importante. Poi, tra le cattive persone ci sono anche dei vincenti, purtroppo. E tra le brave persone, purtroppo, ci sono anche dei perdenti.